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LE EPOCHE DELLE EPIDEMIE. Nel primo periodo,
l'età della peste, le catastrofi demografiche, o grandi crisi di mortalità, con aumenti del numero dei
morti, rispetto ai valori registrati negli anni ordinari, di tre-quattro
(ma anche fino a dieci) volte, costituivano un evento frequente e quasi "normale". Nonostante la quantificazione dei fenomeni collettivi sia estremamente
difficile, almeno fino alla seconda metà del XVI secolo, quando si
generalizzò la tenuta dei registri parrocchiali, dopo la famosa peste
nera del 1348 grandi ondate di peste si abbatterono sull'Italia (e spesso
su tutta l'Europa) nel 1360-1363, nel 1371-1374, nel 1381-1384, nel 1388-1390
e infine nel 1398-1400. Nella prima metà del Quattrocento la peste
comparve ancora frequentemente, ma l'impressione generale è che la
gravità delle epidemie tendesse a diminuire, mentre il sincronismo
fra le diverse zone si faceva meno netto. Le punte di mortalità inoltre
erano intervallate da periodi più lunghi, e le epidemie sembrarono
diffondersi con minore rapidità da una località all'altra.
In conclusione, la frequenza e l'intensità delle crisi provocate
dalla peste tesero a declinare (con qualche rilevante eccezione) dalla metà
del XIV secolo, e il loro sincronismo tese ad attenuarsi, sia a livello
regionale e nazionale che a livello europeo. Dalla seconda metà del
XVI secolo né il tifo né le altre epidemie (neppure il colera
nell'Ottocento) provocarono più delle catastrofi di intensità paragonabile a quelle determinate dalla peste. I loro effetti demografici
derivarono piuttosto dal fatto che le crisi si ripresentavano, assai frequentemente
(specie in certi periodi) e in modo estremamente diffuso. Il periodo delle epidemie sociali fu caratterizzato, oltre che dalla sparizione della
peste, dalle grandi ondate epidemiche del tifo petecchiale, dalla recrudenza
del vaiolo, durante il XVIII secolo e infine dalla graduale sparizione del
tifo e del vaiolo nel corso del XIX secolo, in cui invece comparve il colera.
Come non è risolto il problema delle cause della scomparsa della
peste, così non è certo se il tifo, segnalato dalle cronache
a partire dall'inizio del XVI secolo, sia effettivamente una malattia nuova
per le popolazioni europee. È comunque indubbio che nel corso del
Cinquecento e del Seicento le epidemie di tifo petecchiale furono frequenti
e violente, e si alternarono a quelle di peste in tragica sequenza. Assai
più della peste, il tifo, per le modalità di diffusione (legate
a condizioni di scarsa igiene e di sovraffollamento) e per i legami ben
noti con situazioni di carestia o di sottoalimentazione, rappresenta un
esempio dell'importanza che i fattori ambientali, sociali ed economici hanno
nell'incidenza e nella prevalenza delle malattie, e dunque di come la malattia,
come la salute, sia nel contempo fenomeno biologico e fenomeno sociale.
Dopo la peste e il tifo, una delle malattie epidemiche più diffuse
nell'epoca moderna è senza dubbio il vaiolo. L'aumento della mortalità
provocato nel complesso della popolazione dalle epidemie di vaiolo non è
in genere eccezionalmente forte, per la caratteristica di questa malattia
di colpire quasi esclusivamente le classi di età più giovani,
almeno laddove le epidemie si succedevano a intervalli di tempo di pochi
anni. Bisogna però considerare che gli effetti demografici a lungo
termine di un'epidemia di vaiolo sono assai gravi, proprio per il fatto
di colpire le classi che dovrebbero assicurare la riproduzione futura della
popolazione. Il quadro delle epidemie sociali si chiude con il colera,
giunto in Europa nei primi decenni del XIX secolo. È questa una delle
forme epidemiche per le quali la selezione sociale appare più netta,
proprio per il fatto che la sua diffusione è particolarmente favorita
dalla precarietà delle condizioni igienico-ambientali dei quartieri
poveri delle città più popolose. D'altra parte, fu proprio
l'insorgere del colera che stimolò (dapprima in Inghilterra e in
altri paesi europei, infine anche in Italia sul finire del XIX secolo) una
serie di provvedimenti volti a difendere le popolazioni dagli attacchi epidemici
e a risanare le strutture igienico-sanitarie delle città. ![]() M. Livi Bacci, La société italienne devant les crises de mortalité, Dipartimento statistico, Firenze 1978; L. Del Panta, Le epidemie nella storia demografica italiana (secoli XIV-XIX), Loescher, Torino 1980. |
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